CONSEGUENZE E NUOVI INIZI - ATTO DUE: NUOVI INIZI (T)

«Mi stai fissando ancora, Dandreal,» osservò Shael Silentlight, scuotendo impercettibilmente il capo, prima di girarsi verso l’Aasimar, che la guardava senza celare la sua preoccupazione. «Non sei particolarmente brava in queste cose, lo sai,» aggiunse, con dolcezza, allontanandosi dalla grande finestra a trifora che dava sullo strapiombo a picco sul mare.

Si trovavano nella dimora estiva della famiglia Silentlight, per riprendersi dall’ordalia a cui erano state sottoposte nell’ultimo periodo: collocata a strapiombo sul mare, in una delle zone più temperate dell’isola, era una delle poche residenze non finite in mano a Naekas Silentlight, cugino della ladra attualmente datosi alla macchia.

Con calma, e non poca fatica, Shael si diresse verso un ricco divano ricamato con una fiamma dorata su fondo blu trapuntato, simbolo della casata Silentlight; accomodandosi, con evidente difficoltà a causa delle ferite non ancora completamente guarite dall’ultima sua disavventura, le domandò: «Cosa c’è, tesoro? Vuoi dirmi cosa ti sta turbando? Mi guardi come se avessi il timore di vedermi sparire nel giro di un istante.»

Dandreal non rispose subito, studiando piuttosto con attenzione l’altra donna. L’Elfa era ancora molto sciupata, i lividi e le ferite di quanto era stata costretta a subire ancora ben visibili sul suo corpo. Naekas, prima di essere costretto a darsi alla macchia, era riuscito ad attirare la cugina a Evermeet catturando l’Aasimar, ricorrendo addirittura alla tortura.
Shael, anche grazie al supporto dei Five Protectors, era stata in grado di trarla in salvo, ma chiaramente la questione non era finita: alcuni degli Elfi di Nakeas avevano teso loro un agguato, riuscendo nell’intento di prendere la ladra e portarla al loro padrone, il quale non aveva esitato ad approfittarsi della situazione.

I giorni si erano pian piano trasformati in settimane, prima che si fosse in grado di localizzare dove Nakeas e i suoi si fossero rintanati, assieme alla loro prigioniera. Quelle settimane erano state uno stillicidio per tutti, ma in particolar modo per Dandreal: l’Aasimar aveva continuato a immaginarsi uno scenario deleterio dopo l’altro, da quando l’immenso Lupo Bianco che accompagnava i Five Protectors e ombra costante dell’Elfa era stato trovato gravemente ferito, a pochi giorni di cammino dal nascondiglio dei rapitori. La chierica e il Ranger erano stati in grado di rimetterlo in sesto, prendendosi cura di lui con estrema attenzione, ma quando Ice si era finalmente ripreso, era chiaro che era diventato assolutamente imperativo trovare quanto prima Shael.

Era stato il Lupo stesso a condurli fino all’Elfa, chiaramente pronto a prendersi la vendetta che gli spettava per quanto era accaduto: la maggior parte del lavoro sporco, quel giorno, l’aveva fatto lui. La scena che si era presentata di fronte al nutrito gruppo di avventurieri, una volta fatta irruzione dell’accampamento, era stata agghiacciante: con il vantaggio della sorpresa, erano riusciti ad abbattere la maggior parte degli Elfi, ma non Nakeas, che invece era fuggito, lasciandosi dietro i compagni caduti e una figura ‘accartocciata’ su sé stessa, parecchio malconcia e con chiari segni di pestaggio sul corpo.

Nonostante Ice e Grey, l’altro bellissimo lupo del gruppo ritrovato tempo prima da Altan, avessero tutte le intenzioni di continuare la caccia - Nakeas non era l’unico a essere riuscito a fuggire - il Ranger aveva preferito richiamarli: tutti quanti erano stati d’accordo nel dare precedenza alla sopravvivenza di Shael e avere i due lupi impiegati nell’inseguimento avrebbe reso più complesso riunirsi in un secondo momento. La caccia all’uomo avrebbe potuto aspettare.
L’immagine della scout completamente ricoperta di sangue, in fin di vita, era ancora molto viva nella mente dell’Aasimar, e non voleva assolutamente togliersi, riaffiorando sempre nei momenti meno opportuni. Come quello, con l’Elfa in carne e ossa di fronte a lei e in una condizione nettamente migliore rispetto a quella in cui l’aveva trovata nell’accampamento.

«Dandreal?»
La voce dell’Elfa, improvvisamente vicina a lei, la richiamò alla realtà: la scout si era alzata e le si era avvicinata, silenziosamente, preoccupata dal suo silenzio. Nonostante fosse chiaro che non si fosse ancora ripresa del tutto, e che ci sarebbe voluto ancora del tempo affinché ritornasse completamente in forma, era sempre pronta a prendersi cura di lei. Era doloroso pensare di aver corso il serio rischio di perdere una tale purezza di sentimenti e una persona in grado di provarli, così pienamente e con tutta sé stessa, sempre. Shael fece per toglierle una ciocca di capelli dal volto, con l’intenzione di accarezzarle una guancia, ma la chierica non le diede il tempo di farlo: le gettò le braccia al collo e la strinse disperatamente a sé, cedendo finalmente al tumulto di sentimenti che impazzava dentro di lei.

La reazione di Shael fu un po’ goffa, ma l’Elfa riuscì comunque a ricambiare la disperata stretta della chierica, stringendola a sua volta, nel tentativo di tranquillizzarla il più possibile.
«Ehi,» le sussurrò tra i capelli, «sono qua. Sono qua, non ti libererai così facilmente di me,» cercò in qualche modo di sdrammatizzare, ben conscia di quanto fosse complessa la situazione e di come sarebbe stato complesso uscirne, senza ripercussioni troppo tragiche per tutte e due.
«Sono fiera di te, Dandreal,» le sussurrò, «hai avuto molto coraggio nel non perdere la lucidità, quando mi avete trovato.» Altan le aveva detto che la chierica non si era risparmiata, nel tentativo di riportarla nel mondo dei vivi, e che si era comportata in maniera esemplare, particolarmente spronata dal suo essere profondamente implicata, per via degli intimi sentimenti che nutriva nei confronti della scout.

Ci volle un bel po’ prima che la chierica riuscisse a calmarsi e a riprendersi quel tanto che bastava per allentare la presa, ma non sembrava affatto intenzionata a staccarsi dalla ladra, la quale sembrava chiaramente ricambiare il sentimento. Tra una cosa e l’altra, sembrava essere passata una vita dall’ultima volta che avevano potuto godere l’una della presenza dell’altra. Alla fine, comunque, Dandreal si rassegnò a staccarsi da Shael, con molta riluttanza, per poi dirle, in tono di finto rimprovero: «Andiamoci a sedere, che devi ancora riprenderti. E non ho intenzione di averti sulla coscienza proprio adesso, dopo tutta la fatica fatta per tenerti in vita.»
Con un sorriso, scrollando esasperata il capo, Shael sfiorò le labbra della compagna con un dolce bacio, prima di allontanarsi da lei e iniziare a dirigersi verso il divano, sul quale era precedentemente seduta. La chierica le afferrò con decisione una mano, seguendola a poca distanza e accomodandosi così tanto vicino alla ladra, da sembrare che volesse fondersi con lei.

«Cosa è davvero successo, in quell’accampamento, Shael? Cosa ti hanno fatto?» Dandreal, ora, stava spasmodicamente stringendo la mano dell’Elfa: da quando l’avevano sottratta dalle mani del cugino, il desiderio di conoscere, di sapere cosa le avessero fatto la stava tormentando così tanto da non farle chiudere occhio se non a notte inoltrata, cedendo alla stanchezza.
Alla domanda, la ladra si irrigidì palesemente e, se possibile, sbiancò ancora di più: anche lei non dormiva affatto bene da quando era stata tratta in salvo, a causa degli incubi che si palesavano ogni volta che chiudeva gli occhi. «Per favore,» la supplicò, con un nodo alla gola, l’Elfa, stringendole entrambe le mani tra le sue, nel tentativo di frenarne il tremore, «non costringermi a rivivere quei momenti. Non costringermi a dirtelo,» alzò una mano tremante per sfiorarle dolcemente il volto, «farei male a entrambe. Inoltre, se devo essere onesta,» aggiunse, chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro, «non sono pronta ad affrontare io per prima le conseguenze di quanto successo con Nakeas…»

Istintivamente, Dandreal la strinse a sé, nel tentativo di farla sentire al sicuro come tante altre volte, in passato, Shael era riuscita a fare con lei, farla smettere di tremare. «Perdonami,» le sussurrò all'orecchio, «perdonami. Non ho la benché minima idea che cosa tu abbia passato nelle scorse settimane… sono profondamente grata di averti nuovamente qua con me. Ho davvero patito un sacco la tua assenza.»
La cullò con estrema dolcezza tra le proprie braccia, incapace di lasciarla andare anche quando il tremore dell’altra donna si placò, sussurrandole parole di conforto e ripetendole che lei c’era, che non l’avrebbe mai lasciata, per nessun motivo.

Le si strinse il cuore quando l’Elfa la pregò di tenerla stretta a sé, di non lasciarla ancora andare. Era la prima volta che la ladra si dimostrava così tanto fragile e, da quando si erano conosciute, entrambe avevano fatto passi da gigante, aprendosi sempre di più all’altra. «Stai tranquilla,» le sussurrò, «da qua non me ne vado. Non ti perderò più di vista, promesso,» aggiunse, cercando di sorridere e di alleviare un po’ la tensione. In cuor suo, però, tremava al pensiero che Shael, prima o poi, sarebbe potuta ripartire con i Five Protectors, che qualcosa le succedesse senza che la chierica potesse intervenire come accaduto l’ultima volta. Senza rendersene conto, la strinse maggiormente a sé, quasi temesse di vederla sparire da un momento all’altro.

«Dandreal…» rantolò Shael, nel tentativo di farle capire come le stesse facendo involontariamente male, e la chierica si affrettò ad allentare la presa, preoccupatissima di aver fatto qualche danno. L’Elfa si rimise dritta, asciugandosi con una mano gli occhi, ma senza cercare di nascondere all’Aasimar l’aver pianto; l’altra mano era rimasta intrecciata a quelle della chierica.
La guardò, gli occhi ancora arrossati e pieni di un dolore indefinibile che, se possibile, spezzò ulteriormente il cuore a Dandreal, avrebbe tanto desiderato togliere quell’espressione dal volto della compagna. Riscuotendosi, Shael prese un profondo respiro e iniziò a dire: «Perdonami, non volevo scaricare su di te tutto questo…»

Esasperata, la chierica si lasciò scappare un esausto «Non essere sciocca!» Per una frazione di secondo, nessuna delle due disse niente, prima che entrambe si rilassassero finalmente un pochino e Shael tentasse un minimo di ironia, facendole notare che era proprio quello il motivo per cui l’amava. L’osservazione non ottenne proprio l’effetto sperato, in quanto l’Aasimar assunse immediatamente uno sguardo vigile e serio, che mise sulle spine la donna di fronte a lei. «Sì,» le rispose in maniera semplice, compita, «ti amo. Sei tutto ciò che avrei potuto desiderare e anche di più. Farei qualsiasi cosa per te.»

Le mani erano nuovamente intrecciate, i pollici della chierica che disegnavano dei disegni ipnotici sui dorsi della ladra; l’atteggiamento di Dandreal era pensoso, riflessivo, anche serio: credeva a ogni parola che le stava dicendo. Ricordava con precisione le cicatrici che le tempestavano la schiena, da un’ustione riportata da un incendio scoppiato anni prima nel suo villaggio, segno indelebile di un passato del quale non si sarebbe mai potuta liberare.
C’erano voluti mesi, anni quasi, prima che le due donne si potessero fidare a tal punto l’una dell’altra, da mostrarsi sempre di più nelle loro fragilità, oltre che negli inevitabili difetti che le caratterizzavano come individui.

Dandreal si perse dentro gli occhi dell’Elfa per qualche momento, venendo riportata alla realtà dalla proprietaria, che colse l’occasione per prenderla completamente in contropiede con una domanda cruciale: «Mi vuoi sposare?»
«Cosa?» Dandreal la stava fissando, senza apparentemente capire la domanda postale. «Sposare…?»
«Sì,» le rispose pazientemente la ladra, sorridendo appena. «Ti sto chiedendo di sposarmi,» continuò, liberando dolcemente una delle mani dalla presa dell’Aasimar per accarezzarle il volto, scostandole una ciocca di capelli da davanti gli occhi.
«Sai,» aggiunse con gentile ironia, «due persone che hanno intenzione di passare il resto della propria vita come partner. E che, per questo motivo, decidono di firmare qualche documento in presenza di testimoni affinché ciò possa accadere...»

«Vuoi sposarmi?» Dandreal andò dritta al punto, senza preoccuparsi di rimproverare la compagna per l’ironia fuori luogo su un tema così importante come il matrimonio.
«Sì, voglio sposarti,» rispose semplicemente la ladra. «Perché questi mesi lontana da te, senza sapere come stessi, con la paura di non poterti più vedere, di perderti… è stato tutto davvero troppo da reggere. Lo è ancora troppo, diamine. Ci vorranno mesi, se non anni, prima che si potrà guardare a questo periodo con serenità, da parte di entrambe. Ma preferisco passare questo tempo, e i giorni, mesi, anni successivi, sapendoti a tutti gli effetti come qualcosa di più della mia partner. Se dovesse mai succedermi qualcosa…»

Le due donne finirono entrambe con le gambe all’aria, quando l’Aasimar si gettò di peso tra le braccia dell’Elfa, senza più badare alle parole che l’altra donna stava pronunciando o al fatto che fosse ancora malconcia. Dopo averle stampato un intenso bacio sulle labbra, tale da mozzare il fiato, si puntellò gentilmente sul suo petto per risponderle, con gioia: «Sì, voglio sposarti, Shael.»
Il sorriso che le rivolse era così radioso, così bello, che il volto sembrava aver apparentemente perso quella tensione che, fino a pochi istanti prima, la faceva da padrona. E, nonostante la serie di difficoltà che si sarebbe presentata loro nel futuro prossimo, poter affrontare il futuro assieme, in quella veste, rendeva tutto più facile.

Ci sarebbe voluto parecchio tempo, prima che Shael avesse la forza e il coraggio di dire tutto a Dandreal, come per la chierica di parlare del suo periodo di cattività tra le mani di Nakeas. Quando, però, riuscirono ad affrontare il discorso, per entrambe fu una liberazione, permettendo loro di affrontare il futuro con più serenità e leggerezza.

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