DOPO LA TEMPESTA - PROLOGO (T)

L'oscurità era scesa piuttosto rapidamente sull’isola di Evermeet e, con essa, il silenzio che accompagnava i sonni tranquilli dei suoi abitanti e dei visitatori provenienti dal resto dei Forgotten Realms. Nell’accampamento che gli avventurieri conosciuti come Five Protectors avevano organizzato ai piedi delle Colline dell’Aquila il silenzio regnava sovrano, con la maggior parte del gruppo che riposava serenamente sotto le stelle.

Tra le forme avvolte nei rispettivi mantelli, distese e addormentate attorno al fuoco da campo che si stava via via spegnendo, uno vuoto più ampio denotava l’assenza di una dei membri del gruppo, assieme alla quale sembrava essere sparito nel nulla anche l’immenso Lupo Bianco, chiamato Ice. Il gigantesco lupo aveva iniziato ad accompagnare i Five Protectors dopo esser stato liberato dalle gabbie poste nei sotterranei del Castello Tresendar e, generalmente, non si allontanava mai troppo dalla loro scout, un'Elfa di famiglia nobile, che assieme al Ranger Altan era stata la sua salvatrice effettiva.

La suddetta ladra, Shael Silentlight, si trovava al limitare estremo del bivacco, avvolta nel mantello di uno dei Manti Rossi che avevano incontrato presso Cragmaw quelli che ormai sembravano essere eoni prima, quando ancora stava lavorando per il nano Gundren Rockseeker, amico di vecchia data, nella ricerca di una miniera nanica, quella di Phandelver, apparentemente scomparsa e misteriosamente ritrovata. In quell’occasione, assieme agli altri componenti dei Five Protectors, l’Elfa aveva aiutato il nano a vendicare la morte di uno dei suoi fratelli per mano del Ragno Nero, che erano riusciti a sconfiggere dopo uno scontro all'ultimo sangue; quel mantello era un ricordo di quegli avvenimenti.

Una spada corta le pendeva dal fianco sinistro; al fianco destro era sospesa una faretra piena di frecce piumate, a equilibrare l’arma dall’altro lato; tra le mani, un arco lungo cesellato, incordato e pronto all’uso. Arco, frecce e faretra erano stati realizzati appositamente per lei dal fratello artigiano, il quale si era specializzato nella realizzazione di armi magiche caratterizzate da una raffinata qualità e dal notorio pregio elfico. Quelle che aveva donato alla sorella erano state create su misura per lei: nessun altro essere vivente sarebbe stato in grado di usarle, se non lei, in quanto tutto l’equipaggiamento richiedeva una sintonizzazione psichica e fisiologica che solo lei era in grado di ottenere.

Anche se non poteva vederlo, avvertiva la rassicurante presenza del Lupo Bianco poco distante da lei: Ice le stava lasciando i suoi spazi, ma era al suo fianco in caso in cui la scout avesse avuto bisogno di lui, anche solo se qualche minaccia si fosse presentata nell’oscurità, senza che l’Elfa fosse stata in grado di avvertirla per prima. Le affusolate orecchie a punta della ladra captarono un movimento leggero del fogliame dietro di lei; voltando appena il capo da un lato, Shael riuscì a percepire meglio l’avvicinarsi di Dandreal, la seconda Aasimar del gruppo, chierica di professione, che avevano appena salvato da una banda di elfi al servizio di Nakeas, il malvagio cugino dell’Elfa.

«È tardi,» osservò la ladra, tenendo bassa la voce per evitare che gli altri venissero disturbati e si svegliassero al suono della loro conversazione. «Non dovresti essere a dormire? Hai bisogno di riposare, dopo tutto quello che è accaduto.» L’Aasimar le si appoggiò alla schiena, affondando il viso nel mantello rosso che l’altra donna indossava per proteggersi dalle temperature polari della notte, in particolar modo caratterizzanti quella regione in quel particolare periodo dell’anno.
«Non riuscivo ad addormentarmi, onestamente,» ammise dopo un po’ la chierica, «e avevo… no, la verità è che ho ancora bisogno di te.» Rimasero così per un po’, in silenzio, mentre Shael rifletteva su quanto la stesse attanagliando da quella mattina, fino a quando non si decise a prendere un profondo respiro: «Come fai ad avere bisogno di me, Dandreal? Dopo quello che è successo oggi... non hai bisogno di una persona come me, ma di qualcuno che sia di animo buono e che, soprattutto, non sia un assassino o, comunque, con tendenze simili.»

Contro la sua schiena, Dandreal si irrigidì per un attimo, prima di costringersi a rilassarsi nuovamente e staccarsi, le mani strette sul tessuto del mantello all’altezza dei fianchi dell’Elfa, afferrando di conseguenza anche la donna. Dal canto suo, la scout rimpianse l’allontanarsi della chierica, il calore dei loro corpi appoggiati l'uno contro l'altro, ma allo stesso tempo cosciente di averla volutamente ferita, per allontanarla da sé e dal mostro che era convinta di star diventando. A maggior ragione dopo quanto accaduto quel giorno nel campo degli elfi seguaci di quel pazzo di suo cugino.
«Shael,» la chierica alla fine la costrinse a voltarsi verso di lei, a guardarla negli occhi. «Tu non sei un’assassina. Non lo sei oggi e non lo sarai in futuro.» La scrollò con forza, questa volta le mani strette non più sui suoi fianchi, ma sulle sue spalle, la sua voce e il tono che assumevano toni d’urgenza, nonostante si premurasse comunque di non alzare troppo il volume, sempre per non svegliare gli altri, che stavano ancora dormendo: «Oggi sei riuscita a fermarti, prima di poter commettere un omicidio a sangue freddo. E io sono convinta che non ne saresti mai stata in grado, indipendentemente dal fatto che oggi qualcuno sia dovuto intervenire per portarti a ragionare su cosa stessi per fare.»

L’Elfa serrò la mascella, scuotendo appena la testa, esasperata: «No, non capisci. Ancora qualche istante e non mi sarei fatta scrupoli a uccidere quel dannato elfo, Dandreal. Chiunque si fosse azzardato a mettersi ancora tra me e te avrebbe rischiato di morire, soprattutto dopo quello che ti hanno fatto e ciò che minacciavano di fare. Se non mi avessero fermata, e se non lo avessero fatto fisicamente, l’avrei ucciso senza farmi troppi problemi. Non farti questo, non legarti a una persona come me… ne uscirai più spezzata di prima.» Prese un profondo respiro, le mani strette così strenuamente sull’arco che le nocche erano completamente bianche, prima di continuare: «Non sei al sicuro, con me e vicino a me… non lo sarai mai.»

Per tutta risposta, l’Aasimar coprì la brevissima distanza che c’era tra sé e l’Elfa, stringendosi a lei. L'azione costrinse Shael a togliere di mezzo l’arco con una mano e, con l’altro braccio, istintivamente a cingere la vita all'Aasimar, affinché nessuna delle due perdesse l’equilibrio. Entrambe le braccia di Dandreal cinsero il collo della ladra, le mani intrecciate dietro la sua nuca, in un gesto volto a far abbassare appena il capo della scout verso di lei e a guardarla negli occhi diventati duri come pietre preziose: «Shael, chiunque si fosse trovato al tuo posto si sarebbe ritrovato ad affrontare lo stesso dilemma e probabilmente avrebbe avuto le tue stesse difficoltà, sia che ci fosse stato qualcuno a intervenire, sia che non ci fosse stato nessuno. Ricordati che c’ero anche io lì, nonostante non fossi propriamente in forma, e ho visto che titubavi ben prima che ti fermassero e che Ice mettesse fuori gioco quel bastardo, togliendoti dall’impasse di doverti sporcare le mani del suo lurido sangue.»
Le sfiorò il naso con il proprio, prima di allontanarsi leggermente e aggiungere: «Se fossi stata al posto tuo, pensi che io l’avrei risparmiato? Non ci sarebbe stata divinità che tenesse, mi sarei tolta una gran bella soddisfazione a versare il suo sangue, soprattutto sapendo cosa avrebbero potuto fare a te. Sei più buona di quanto tu non creda,» aggiunse, «e tutti lo sanno. Anche Ice, a modo suo. Altrimenti nessuno di loro sarebbe intervenuto.»
«Guarda che Ice è una creatura molto intelligente,» osservò l’Elfa, sbuffando, sulla difensiva. Il commento suonava patetico alle sue stesse orecchie, ma non poté comunque fare a meno di pronunciare quelle parole, presa com'era dall'autocommiserazione.
«Non ho mai detto il contrario,» le risposte Dandreal, con un piccolo sorriso a incurvarle le labbra, prima di baciarla appena, con dolcezza.
«Proprio per questo sarà sempre pronto a esserci, per te. Si prende cura di te, perché tu ti prendi cura di lui e lo farai sempre.»

Shael annuì appena, sebbene amaramente, mentre l’Aasimar si staccò nuovamente, per guardarla meglio in volto e accarezzarle con dolcezza una guancia, nel tentativo di tranquillizzarla. Nella sua mente erano ancora molto vividi i soprusi subiti dai suoi rapitori e poteva solo immaginare come si fosse sentita Shael, una volta fatta irruzione nell’accampamento e avendo visto le condizioni in cui l'Aasimar era stata ridotta dai tirapiedi di Nakeas.

«Direi sia ora del cambio di guardia. Vieni a dormire, per favore,» la pregò.
«Ho bisogno di stringerti e, soprattutto, ho bisogno di sentirmi al sicuro tra le tue braccia.» Shael prese un altro profondo respiro, ma alla fine cedette e, mano nella mano, le due ritornarono verso l’accampamento, con Ice che le seguì silenziosamente, per poi accucciarsi a poca distanza da dove le due si coricarono per riposare. Shael aveva già avuto modo di meditare, per quella sera, di conseguenza non aveva bisogno di ulteriore riposo, ma si distese al fianco di Dandreal, dopo essersi liberata delle armi che generalmente portava addosso, e strinse a sé la chierica, permettendole di sistemarsi a suo piacimento.
E per la prima volta, dopo settimane di tensione, di paura, di umiliazioni, quando le braccia dell’Elfa finalmente si strinsero, protettive, attorno a lei, Dandreal si sentì finalmente al sicuro, con la certezza che niente l’avrebbe più potuta toccare. Raggomitolata e avvolta nell'abbraccio dell'elfa, si addormentò.

Commenti