MORE TIME WITH YOU... - PROLOGO (G)

«Voi due vi state frequentando, per caso?» La domanda era venuta fuori dal nulla e sia il Dottore che Yaz si erano sentite un po' in imbarazzo per quanto Najia Khan aveva insinuato con quella domanda, così le due donne avevano cercato di gestirla al meglio, negando e sottolineando che erano “solo amiche”. Ma, con il senno di poi, era evidente fin da allora che si trattava di qualcosa di più di una “semplice amicizia” e Najia Khan aveva capito tutto fin da subito, a differenza loro.

Il Dottore era ancora una volta da solo nel proprio TARDIS. Era partito, dopo aver salutato Ruby e la sua famiglia, e aveva deciso di lasciare per qualche tempo la sua fidata macchina del tempo in orbita intorno alla Terra. Il ricordo gli si era presentato senza alcun motivo apparente, una vita passata che tornava improvvisamente a galla. Quello che era successo con Sutekh lo aveva segnato, soprattutto per via del TARDIS ‘memoriale’ e della sua sala sala piena di ricordi delle sue vite passate, delle avventure, degli amici, della famiglia, delle persone che aveva amato e, in diversi casi, perso.

Qualcosa si era smosso dentro di lui, qualcosa che spiegava perché ora stava guardando la Terra dal suo punto di osservazione in orbita. Era un ricordo di anni addietro, quando era un'altra persona, con qualcuno che gli era particolarmente caro in quel momento. Qualcuno che lui si era ritrovato costretto a lasciarsi alle spalle un po' prima che la rigenerazione lo trasformasse in una persona completamente diversa da quella che era stata allora, una decisione dolorosa che aveva ritenuto giusto prendere in quel momento, per evitare di far del male alla companion di allora.

Non aveva mai pensato di tornare indietro, fino a poche ore prima, dopo che la situazione con Sutekh era di nuovo sotto controllo e tutte le vite erano tornate dalla loro morte prematura per mano della stessa Divinità della Morte. Si chiese perché. C'era qualcosa di diverso, lo sentiva, ma non riusciva a capire cosa fosse e, come sempre, non gli piaceva capire cosa stesse succedendo. In alcuni, rari, casi apprezzava scoprire cose nuove, ma generalmente quando accadeva era sempre in pericolo, di conseguenza preferiva essere sempre sul pezzo, cosa che raramente accadeva.

«Mi è piaciuto molto stare con te, Yaz.»
Le due donne sono sedute sul tetto del TARDIS, con i gelati finiti e gli sguardi persi nell’ammirare il pianeta attorno al quale stanno orbitando, una bolla di ossigeno del TARDIS stesso intorno a loro, per proteggerle dal vuoto dello spazio. Nessuna dei due è in grado di dirsi addio, così Yaz dice, come saluto, «Non diciamoci addio,» e le due rimangono ad ammirare ancora per qualche istante il pianeta sotto di loro, non volendo andarsene. Finché non sono costrette a farlo dai segni sempre più invadenti della rigenerazione.

Egli stesso era ora seduto sul tetto del TARDIS, con la Terra verde e blu sotto di lui, e si chiedeva cosa lo disturbasse. Perché il suo passato si stava agitando al punto da ripensarci e da esserne in qualche modo colpito. Perché lui - no, allora era una lei - aveva abbandonato la possibilità di essere felice con qualcuno che amasse la persona che era allora? Non una semplice persona con cui avere a che fare, per quello che ricordava di quel periodo e di... se stessa?

Attento, Dottore. I tuoi pronomi stanno cambiando. Di nuovo, si rimproverò. E ancora una volta, era qualcosa che non faceva da decenni, quindi... perché ora? E perché di nuovo? si chiese, confuso e sconcertato. Rimase ancora per un po' a guardare la Terra, a osservarla e a studiarla, mentre tutte le persone, tutti gli umani e gli Zygon laggiù vivevano le loro vite, per lo più ignari di ciò che stava accadendo nell'intero universo intorno a loro, anche di ciò che stava accadendo con il Flux scatenato da Tecteun, distruggendo una galassia solo con l'obiettivo finale di eliminare il Dottore stesso.

Quando i suoi pensieri cominciarono a vagare verso Rogue e il suo sacrificio affinché il Dottore non fosse costretto a sacrificare Ruby, il Signore del Tempo decise che era finalmente giunto il momento di tornare sul TARDIS e gettarsi in una nuova avventura, su un nuovo pianeta o popolo o momento da salvare. Gli ci vollero un paio di momenti per notare che l'interno del TARDIS brillava di un'illuminazione diversa da quella a cui era abituato, un debole bagliore arancione che sembrava riverberare non solo la sala della console, ma anche il Dottore stesso. Il Signore del Tempo si fermò immediatamente, guardandosi intorno con sospetto: normalmente la sua sala consolle (e l'interno del suo TARDIS) era utilitaristica, un ritorno al passato che sembrava notificare un nuovo inizio dalle origini delle sue avventure nel tempo e nello spazio, con una semplicità che per lui era importante.

Il debole bagliore arancione che ora si diffondeva intorno a lui era un po' strano, tutto sommato, ma non quanto la donna che ora gli stava di fronte, apparsa apparentemente dal nulla e che ora si guardava intorno con un'espressione confusa sul volto. Il suo modo di vestire aveva sicuramente bisogno di qualche ritocco, ma lui si ricordava di quei tempi e non poteva certo biasimare se stesso, visto quello che indossava nella sua attuale incarnazione. Dopotutto, anche con questo viso non ha un gran senso dell'abbigliamento, quindi chi era lui per lamentarsi delle sue scelte del passato recente?

«Hai ridecorato,» un sorriso infantile le danzò sulle labbra e il Dottore si ricordò di quando aveva detto le stesse cose, secoli prima. «Mi piace molto,» aveva detto lei, con un gioioso sorriso  sul volto e poi, quando aveva notato i suoi tre compagni impressionati da ciò che stavano vedendo, aveva aggiunto, spalancando le braccia: «Questo è il mio TARDIS.» «Già» rispose lui, preso alla sprovvista dalla sua ex persona, «è una lunga storia.» «Ci scommetto,» rispose l'altro Dottore, prima di chiedere: «Ti dispiace dirmi cosa diavolo sta succedendo? Perché sono qui? Un attimo fa ero su una scogliera in riva al mare e mi stavo rigenerando.»

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