MAESTRO JEDI OBI-WAN KENOBI (G)

I due soli tramontarono definitivamente dietro l’orizzonte sabbioso di uno dei pianeti più desertici e aridi dell’Orlo Esterno, Tatooine, permettendo finalmente alle temperature di abbassarsi notevolmente rispetto al caldo secco e prosciugante caratterizzante tutte le ore di luce, in particolare a partire dal mezzodì.
Nell’immensa vastità del deserto, contraddistinta da dune e sabbia a perdita d’occhio, senza una minima traccia apparente di umidità nell’aria o nel terreno, una figura solitaria, in groppa a un quadrupede che, più da vicino, sembrava (ed era) un eopie, si stava dirigendo lentamente, ma inesorabilmente, verso la desolazione dello Jundland, controllata da uno dei clan Hutt più brutali e mafiosi presenti sul pianeta.

L’individuo in sella all’eopie, un uomo sui trentacinque/quarant’anni con qualche ruga precoce sul volto, aveva una figura imponente e muscolosa nascosta da abiti il cui colore sabbioso si adattava molto bene all’ambiente circostante, capelli e barba di un biondo castano a incorniciargli il volto e due occhi azzurri e profondi, pieni di un dolore difficile da descrivere e da quantificare. Oltre alle numerose bisacce che decoravano il dorso della sua cavalcatura, l’uomo portava in vita una cintura, alla quale erano sospese diverse saccocce di dimensioni più piccole, di chiara matrice militare e richiamanti, a un occhio attento, l’appena conclusa Guerra dei Cloni e l’armamento normalmente indossato dagli appartenenti all’Ordine Jedi. A pareggiarne il peso, al fianco sinistro, un oggetto tubolare, con alcuni semplici elementi in rilievo a decorarne i lineamenti spartani: si trattava di una spada laser, un’arma potente nelle mani di chi sapeva come usarla, che l’uomo che la sfoggiava aveva creato con le proprie mani dopo che la sua ultima arma era andata perduta, se non addirittura distrutta, su Geonosis quasi quattro anni prima.

Quattro anni prima… sembrava essere passata un’eternità, non solo quattro anni. La Repubblica Galattica poteva ancora illudersi di vantare una certa stabilità, ignara delle forze che, soprattutto in seguito agli scontri relativi alla Battaglia di Geonosis, si sarebbero scatenate una volta per tutte con la conseguente Guerre dei Cloni, in cui l’uomo stesso avrebbe preso parte come alto ufficiale del Grande Esercito della Repubblica, composto per la maggior parte da Cloni.

Una guerra catastrofica sotto innumerevoli aspetti, ma per Obi-Wan Kenobi, Maestro e Generale Jedi, particolarmente disastrosa era stata tutta la vicenda relativa al suo antico Padawan, asceso al rango di Cavaliere qualche settimana dopo gli eventi su Geonosis, Anakin Skywalker, corrotto dal Lato Oscuro della Forza.

Continuando il suo viaggio – da cosa si ricordava della sua ultima visita, il pianeta era ben poco ospitale su tutti i fronti – il Jedi si continuò a domandare dove avesse fallito nel suo percorso di formazione con Anakin, da lui considerato un figlio, un fratello, un amico, e come mai non si fosse accorto della sua deriva sempre più marcata verso l’oscurità.

Il giovane era sempre stato passionale, tratto che si era fatto sempre più marcato nella crescita e che non se n’era mai andato per davvero, nemmeno quando aveva definitivamente indossato i panni del Cavaliere Jedi, dismettendo quelli da Padawan una volta per tutte.
Probabilmente, nel desiderio egoista di rispettare le ultime volontà del morente Qui-Gon Jinn, caduto per mano di Darth Maul su Naboo una quindicina di anni prima davanti agli occhi dell’allora Padawan Kenobi, il Jedi non era stato in grado di vedere quanto Yoda, Gran Maestro dell’Ordine Jedi e anche lui in esilio dopo l’emendamento dell’Ordine 66 (corrispondente a quanto, negli anni successivi, sarebbe stato ricordato come la grande Purga Jedi), aveva debolmente avvertito nel giovane che Qui-Gon aveva portato di fronte al Consiglio Jedi così tanto tempo prima.

Guardando l’orizzonte, dove gli ultimi bagliori dei soli gemelli andavano sempre più scomparendo in un rosso-aranciato piuttosto intenso, Obi-Wan Kenobi si ritrovò a domandarsi se davvero avesse fatto la cosa giusta nel prendere sotto la propria ala protettiva, fresco di iniziazione al cavalierato, il giovane Skywalker, ignorando completamente i consigli e le parole dei confratelli più esperti e anziani di lui.
Sì, la scelta è stata quella giusta, Obi-Wan. La voce, rimbombante nel silenzio echeggiante del deserto, fece ritornare al presente il Jedi, portandolo a prestare più attenzione all’ambiente circostante: che si fosse immaginato la voce, così familiare e, al tempo stesso, così aliena? L’eopie continuava imperterrito nel suo lento avanzare, come se nessuno avesse detto qualcosa, ma nonostante questo Kenobi si sentiva comunque osservato.

Il ragazzo doveva essere addestrato, a qualsiasi costo. E io lo avrei fatto personalmente, se ne avessi avuto l’occasione. Kenobi, che a quel punto aveva fatto fermare il suo eopi, non poté fare a meno di chiedere, nonostante il sospetto di conoscere la risposta si facesse strada con sempre maggior forza dentro di sé: «Chi sei?»
Sai benissimo chi sono, Obi-Wan. Prima che vi separaste, il Maestro Yoda ti ha preannunciato che il tuo addestramento non era ancora finito… Gli occhi di Kenobi si spalancarono leggermente, la certezza che finalmente si assestava: «Maestro Qui-Gon..?»
Ogni cosa a suo tempo, mio giovane Padawan. Ora la voce di Qui-Gon Jinn, l’anticonformista Maestro Jedi che aveva addestrato Obi-Wan Kenobi per una dozzina di anni e che aveva garantito per il giovanissimo Anakin Skywalker davanti al Consiglio Jedi, era divertita. Ogni cosa a suo tempo…

E la presenza, fattasi momentaneamente palpabile, dello Spettro di Forza dello Jedi Qui-Gon Jinn svanì, lasciandosi dietro Kenobi e le mille domande che l’uomo avrebbe voluto fare al proprio defunto Maestro.

Commenti