CAVALIERE JEDI OBI-WAN KENOBI (G)

Il giovane Obi-Wan Kenobi non era particolarmente soddisfatto di sé stesso, se proprio doveva essere onesto. Asceso al Cavalierato dopo gli avvenimenti occorsi su Naboo, non riusciva a fare altro che pensare al suo compianto Maestro, Qui-Gon Jinn, morto durante un combattimento all’ultimo sangue contro il Sith conosciuto come Darth Maul, Zabrak originario del pianeta di Dathomir.
In quella stessa occasione, Kenobi aveva perso, suo malgrado, la propria spada laser, vedendosi costretto ad adoperare l’arma del caduto Jinn per riuscire ad affrontare e a sconfiggere definitivamente, almeno così pareva, il proprio avversario, tagliandolo in due e facendolo cadere all’interno del condotto dove, poco prima, aveva rischiato il Jedi stesso di rimetterci la vita per mano dell’avversario.

Come da tradizione, il corpo di un Jedi caduto, che questi fosse un Padawan, un Cavaliere o un Maestro, veniva cremato assieme alla sua arma e ai suoi abiti, con le ceneri riposte all’interno di urne collocate e conservate nei sotterranei del Tempio Jedi su Coruscant. In quel momento la spada laser di Qui-Gon Jinn, provvista di una brillante lama color verde quando in funzione, era tra le mani di Kenobi, il quale fissava con dolorosa intensità la pira sulla quale era stato riposto il corpo dell’uomo che, per lui, era stato come un padre nel corso del suo lungo apprendistato, durato per una dozzina di anni.

Al fianco sinistro, l’impugnatura di una nuova spada laser, costruita personalmente dal Cavaliere durante il viaggio di ritorno verso Coruscant, faceva bella mostra di sé sospesa alla cintura di cuoio che gli stringeva la vita, sopra la tunica e i pantaloni di differenti tonalità color sabbia. Il mantello (di un colore tendente al marrone), che solitamente accompagnava il tipico abbigliamento di un Jedi, era stato momentaneamente abbandonato negli spartani alloggi assegnati a Kenobi non appena questi era giunto al Tempio con Anakin Skywalker e il corpo del proprio Maestro conservato in criostasi.

Era difficile vedere un Jedi, di qualsiasi rango, così in disordine, ma nel caso di Kenobi gli si poteva perdonare, almeno in quest’occasione, la momentanea mancanza di decoro: per quanto i Jedi fossero addestrati a non lasciarsi consumare dai sentimenti più negativi o legati al Lato Oscuro, come il dolore o l’odio, era ovviamente comprensibile il suo stato d’animo e la lotta interiore che stava combattendo al meglio delle sue forze. Battaglia che il Cavaliere stava affrontando da quando il suo amato Maestro gli era morto tra le braccia su Naboo.

Kenobi non era da solo: riconoscendo di ritrovarsi in una situazione di profondo stress emotivo, nonostante tutti i suoi tentativi di meditazione e di gestione del lutto, aveva umilmente richiesto la guida di uno dei Maestri più anziani, saggi ed esperti presenti all’interno dell’Ordine Jedi, Yoda, che vantava alle proprie spalle poco meno di 800 anni di vita. Skywalker era stato invece alloggiato, per quell’occasione, con gli altri Padawan della sua età, affiancato da uno dei Cavalieri presenti all’interno del Tempio affinché gli venissero forniti abiti e acconciatura adatti alla sua nuova e ufficiale condizione di apprendista Jedi.

«Ancora in subbuglio la tua mente è, giovane Cavaliere,» gli fece notare, non senza gentilezza, il Maestro Yoda. Kenobi annuì mestamente: «Ho provato a meditare a lungo, durante il viaggio che ci ha riportato su Coruscant, Maestro. Non credo di essere stato in grado di accettare la morte del Maestro Qui-Gon.» Guardò l’impugnatura della spada laser che aveva tra le mani: «Per quanto abbia nuovamente un’arma mia, avverto non poche difficoltà a separarmi da quest’arma, un pezzo importante di Qui-Gon.»
Yoda annuì, silenzioso, riflettendo a lungo prima di rispondere al giovane Cavaliere: «Accesa la pira sarà tra qualche ora, Obi-Wan. Tempo di meditare assieme abbiamo: aiutarti questo potrebbe sul giusto percorso di guarigione a instradarti.»
Kenobi annuì, riconoscente all’altro Jedi della mano offertagli: «La ringrazio profondamente, Maestro.»

L’altro annuì, mentre si incamminavano verso una delle sale apposite: «La spada di Qui-Gon con te porta. Per l’esercizio di meditazione che andremo a svolgere importante sarà.» Si voltò brevemente verso l’umano, pur sapendo quale sarebbe stata la risposta dell’altro: «Sicuro tu sei di voler il giovane Skywalker addestrare?» Kenobi, infatti, annuì, con i lineamenti del volto che, per un breve attimo, persero le linee di incertezza e di dolore che lo facevano sembrare più maturo e vecchio della sua età. Sarebbe diventato un ottimo Jedi, forse uno dei più potenti, in quanto ne aveva le giuste capacità. Nonostante non concordasse con Jinn in merito al giovane Skywalker, Kenobi avrebbe fatto di tutto per rispettare la promessa fatta al proprio Maestro, in qualsiasi modo il destino avrebbe deciso di mostrarsi.

Se davvero Skywalker si sarebbe dimostrato il Prescelto, come Jinn aveva ritenuto dopo aver condotto alcuni studi e analisi, probabilmente l’unica persona in grado di guidarlo sarebbe stato Kenobi stesso, nonostante la sua giovane età e la sua scarsa esperienza come Cavaliere e Maestro. Accompagnato da questi pensieri, Yoda fece entrare e accomodare il giovane Cavaliere in una piccola, ma accogliente, stanza collocata a lato della camera mortuaria, facendolo accomodare su uno dei cuscini e iniziando a guidarlo in una serie di esercizi meditativi di difficoltà crescente.

Commenti